Episodio 1 - Prima volta a Tenerife (Novembre 2016).
Episodio 1 - Prima volta a Tenerife (Novembre 2016).
[Musica]
Sono Simone, e sono un viaggiatore. Mi rivolgo a te che ami viaggiare per esplorare e scoprire il mondo, e ti racconto gli angoli meno turistici delle destinazioni più famose. [Musica]
A Tenerife sono arrivato la prima volta nel tardo pomeriggio di una giornata qualunque dell'autunno 2016, il 2 di novembre, mi pare. Sì, perché ho dei ricordi ben precisi dei giorni precedenti, in cui, tra la nebbia della pianura padana e degli Appennini, ero andato a rendere omaggio ai miei cari scomparsi. Mentre una pioggerellina sottile mi pizzicava la faccia.
Era un novembre freddo, umido e caratteristico del nord Italia. Durante il volo lungo quasi cinque ore, nemmeno la vista stupenda della Spagna continentale sotto di me, soleggiata, aspra e arida, e ancora prima di Marsiglia, della Corsica e delle Baleari, era riuscita a distrarmi dai miei pensieri.
Ero partito dopo un lungo litigio al telefono con uno dei miei familiari, uno di quei litigi per cose insignificanti a cui tutti però tendiamo a dare molto troppo valore, come se nell'arco della nostra breve esistenza potessimo permetterci di perdere tempo provando rancore, avevo smesso di rimuginarci sopra soltanto quando ero sceso dalla scaletta dell'aereo sullo spiazzo di cemento dell'aeroporto di Tenerife sud, dove l'isola si era all'improvviso messa in contatto con me, nonostante il volo sembrasse non finire mai. Sul seggiolino della compagnia a basso costo che mi aveva portato laggiù alla fine era arrivato il momento dell'atterraggio. E ora la realtà mi stava investendo con un odore acre e il calore tiepido sulla pelle di un sole che sul momento non mi stava ancora facendo provare nessuno stupore. Ma come tutto qui, mi ero detto, camminando nell'asfalto per raggiungere il terminal. Sobrio e anonimo che avevo davanti, era quasi inverno, e io mi ero spostato dall'Italia perché volevo combatterlo. Avrei desiderato 30 gradi, 35 magari, e me ne ritrovavo a malapena, boh, 25 forse. Chissà, magari anche meno. Notai subito che gli operatori sulla pista avevano le maniche corte e, in effetti, dopo pochi passi anche io dovetti togliermi il maglione, e persino la giacca che stavo tenendo in mano diventò un oggetto fastidioso. Quello stesso oggetto che avevo tanto ringraziato di avere con me sulla pista nell'aeroporto di Bologna. Che ci facevo lì, io, che non riesco a stare al freddo intenso, e cercavo un viaggio che mi portasse in un clima caldo e luminoso? A novembre, la mia idea, infatti, era di andare a Cuba o a Mauritius, perché insomma, siamo sinceri. Ma dove vai a novembre? Mi ritrovavo a Tenerife, soltanto per ragioni di costi, mi ero detto. Vabbè, meglio di niente. Ma nella mia testa, le Canarie erano una meta di serie B, semplicemente perché chi ci era stato non mi aveva raccontato grandi cose. Poca movida, il mare così così. Alla fine, sei lontanissimo, è tutto secco. Cosa ci vai a fare alle Canarie? Va bene in estate, ma quando arriva l'inverno, il clima poi non è che sarà così splendido. In fondo, è pur sempre Spagna.
Oggi posso dire che tutte queste persone erano state sì alle Canarie, ma senza capirle. In quel momento, però, io sognavo ancora le spiagge di Cuba, l'Avana, i templi induisti di Mauritius. Senza contare che tutti questi luoghi, a differenza di Tenerife, non hanno un vulcano attivo nel loro territorio. Ma vuoi che inizi a eruttare proprio quando ci sono io e i terremoti, però, un po' di paura c'era. Non ero mai stato così vicino a un vulcano prima di quel viaggio.
Erano le quattro e mezzo, e il sole si avviava già al tramonto. Io non volevo fare altro che arrivare all'appartamento che avevo prenotato dall'altra parte dell'isola, e lasciarmi quella giornata faticosa alle spalle. Ma ci sarebbe voluta ancora qualche ora. L'ingresso nell'aria condizionata del terminal, e a contatto con tutti i viaggiatori, fu un po' traumatico. Molti di essi, a differenza di me, sembravano riposati e felici nei loro completi estivi, e dietro gli occhiali da sole, parlavano di luoghi di Tenerife che sembravano conoscere così bene. Il fatto che sembrassero frequentatori abituali dell'isola avrebbe dovuto farmi capire che dovevo imparare a conoscerla meglio, ma lì per lì non ci pensai, e invece, pensai: Ma come fanno? Sta per tramontare il sole, ed è novembre. Beh, tra poco vedranno.
Procedevano velocemente verso l'uscita, perché avevano con sé pochissimi bagagli. Io, invece, avevo portato un valigione pieno di tutto, perché ero convinto di andare in un luogo remoto, in mezzo all'Atlantico. Chissà dove. E dove non tutto sarebbe stato disponibile. Vuoi non portarti tanti abiti di ricambio o dei medicinali che poi sicuramente ti serviranno, ma non li trovi, o 10 maglioni in più, che è novembre, o quattro obiettivi in più e le batterie, chissà se ne avrai mai abbastanza, e i cavi e i telefonini, portane due, va che non si sa mai. Il ritiro dell'automobile a noleggio, già prenotata dall'Italia, fu lunghissimo, quasi un'ora e mezzo di fila, in cui l'immancabile turista italiano cercava di saltare la fila e andava tenuto a bada. Ci facciamo sempre riconoscere. Fortunatamente, l'impiegato allo sportello parlava italiano. Non me lo sarei aspettato, in fondo, Tenerife è un pezzo di Spagna, e quindi, Europa. Ma è veramente lontana dal nostro continente, diciamolo chiaramente. Le isole Canarie, di cui fa parte, sono praticamente Africa.
Terminate le pratiche per il noleggio, il sole era quasi all'orizzonte. Guardando rapidamente il navigatore, c'era ancora un bel po' di strada da fare. Devi sapere che Tenerife è l'isola più grande delle Canarie, più di 2000 km quadrati, diciamo come la provincia di Alessandria. Se la guardi sulla cartina, capirai meglio che cosa sto per dirti. Ho sentito dire da alcuni che l'isola ha la forma di un prosciutto, con l'osso rivolto a nord-est. Per spiegarti come è fatta, invece, i tenerfenos non me ne vogliano, io trovo molto più illuminante il paragone con una gallina sdraiata di fianco e senza zampe. Immaginati di vederla dall'alto, con la testa rivolta a nord-est, le piume della coda rivolte a nord-ovest, e la pancia della gallina che rappresenta il sud. Immaginati anche che l'aeroporto di Tenerife sud si trovi nel punto più in basso della pancia della gallina. Muovendomi un po' a caso e senza una precisa consapevolezza delle distanze e delle differenze che ci sono tra le varie zone dell'isola, avevo prenotato un appartamento bello, a un prezzo che mi pareva adeguato, in un paese a nord, Los Realejos.
Continuando con l'esempio della gallina, Los Realejos si trova nella parte alta dell'ala della gallina, vicino alla schiena. Ma non c'è una strada che dalla pancia ti porti direttamente lì, perché in mezzo, nel bel mezzo dell'ala della gallina, c'è l'imponente vulcano Teide. Quindi, per arrivare nel mio appartamento, si doveva percorrere tutta la pancia della gallina, più o meno fino alla base del collo, e incontrare la capitale, Santa Cruz de Tenerife, con i suoi 260.000 abitanti, e poi portarsi sulla schiena, percorrerne metà, e cominciare a salire verso l'interno. Per tutto il percorso, ci voleva più di un'ora e 90 km di strada. Quindi, benzina e via.
Lungo l'autostrada, il paesaggio era completamente spoglio, solo rocce e qualche casa qua e là. Ecco come mi apparve il sud di Tenerife, a una prima occhiata. Guardando verso l'interno, non si vedeva altro che i solchi stracciati dal tempo sul terreno dell'isola, profondi avvallamenti che, guardando ancora più in su, si perdevano tra le masse nuvolose in alto. Non appena si poteva intravedere qualche macchia verde, ci sarei dovuto stare più di una settimana. Cosa avrei mai potuto fare per passare il tempo in un territorio così?
L'arrivo nella capitale fu traumatico. Al momento, la luce del giorno mi stava abbandonando, e mi parve una città caotica, grande, una specie di Las Vegas in miniatura, con luci al neon e un poderoso traffico.
Il navigatore, chissà perché, mi fece passare dentro la città, e uscirne non fu semplicissimo, visto che era l'ora di punta. Ma alla fine, con la Polo che arrancava su di un'enorme autostrada in salita, riuscì a trovare la strada giusta per scavallare le colline, a ridosso della città, e ritrovarmi sull'altro lato dell'isola. Consiglio: noleggia una macchina che non sia un 900 di cilindrata, tre cilindri. Non che ti serve un fuoristrada, ma opta per qualcosa in più. Le salite ci sono a Tenerife, e ti tornerà molto utile.
Un'area attrezzata mi offrì lo spunto per fare una sosta di cui avevo bisogno.
Proprio in quel momento, l'isola si rivelò in tutta la sua bellezza, e il mio cuore cominciò a sciogliersi. Oltre al grande flusso di veicoli che sfrecciavano sull'autostrada, si stagliava la sagoma di un monte altissimo nel cielo infuocato del tramonto, con le nuvole a formare lingue che, come fiamme multicolori, si concentravano in un punto dell'orizzonte lontano. Dall'isola, spaziando dal rosso all'arancione al giallo intenso, la montagna aveva una punta ben definita, e più alta di tutto il resto, che sembrava starsene lì a guardare la vita a scorrere più in basso. In quel momento, non ci pensai, ma quello lì era il vulcano Teide, alto 3.785 metri, uno strano compagno di viaggio onnipresente sull'isola che inconsciamente mi preoccupava. Non sapevo che Los Realejos, la mia destinazione, si trovava proprio sotto di lui.
Raggiunta la struttura, dopo le 7, passando per le strade irte di Los Realejos, era già buio. I gestori furono gentilissimi, dopo avermi mostrato l'appartamento e la piscina riscaldata, da cui si potevano osservare le stelle, mi abbandonarono al mio riposo. Ma la giornata per me non era ancora finita. La fame mi spinse ad uscire, sempre buttando un occhio all'inclinazione della montagna e alle luci delle abitazioni che, salendo di quota, si vedevano fino a perdita d'occhio. Capì in quel momento quanto era davvero alto il Teide. Ad un certo punto, le luci finivano, e mi meravigliai nel pensare che il Teide era ancora più alto rispetto a quelle luci, fino al punto in cui si iniziavano a vedere le stelle. Era così alto, altissimo, un enorme vulcano, e io ci ero proprio sopra.
Occorreva procurarsi del cibo, ma era notte. Dove potevo andare? Tra l'altro, seguo una dieta vegetariana, e ogni ristorante in cui mi fermavo, le uniche pietanze che riuscivo ad identificare nel menu esposto contemplavano carne di puerco (il maiale) o di vaca (nome inequivocabile), oppure l'onnipresente pescado (il pesce). Gli altri termini non li conoscevo, e non potevo rischiare di entrare, per poi trovare il modo di spiegare che quello che mi proponevano magari potevano piacermi. Puerto de la Cruz, città vicina, mi offrì finalmente un pasto a base di insalata e cetrioli. E se c'è una cosa che detesto, sono i cetrioli, i pepinos. Mi trovavo nel bel mezzo di una piazza affollata dai resti di quella che sembrava una festa di qualche tipo, musica, balli ancora presenti, tutto era confusionario, e in quel momento era l'ultima cosa che mi serviva. Trovai un supermercato aperto, e la cosa mi stupì, perché sono isole in mezzo all'Atlantico. Come fanno a restare aperti fino a quest'ora?
L'acqua era assicurata, ne comprai un bel po', e tornai nell'appartamento verso le 11, ero esausto, ancora un po' affamato, in un'isola in pieno oceano Atlantico, sopra un enorme vulcano che aveva dato vita a un paesaggio brullo e spoglio. Peggio di così, la mia vacanza non poteva iniziare. Ancora una volta, che ci facevo lì? Dove era Cuba, e dove era Mauritius? Mi sembravano lontanissime.
Beh, mi sbagliavo, e anche parecchio, ma ci sarebbe voluto un po' di tempo per cominciare a capirlo. E per te, occorrerà ascoltare il resto della storia, nel prossimo episodio. A presto.
Nella descrizione del podcast, trovi i riferimenti ai contributi audio. Ti aspetto anche su YouTube, nel mio canale, il Simone viaggiatore. [Musica]
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